Quando le parole pesano più di un macigno. Populismo e Salute Mentale – Un ritorno al passato?

Di MiGa  A.Re.Sa.M.

Il populismo non è altro che la ricerca di dare risposte semplici a problemi molto complessi, che dovrebbero essere trattati in modo serio e graduale. I populisti vedono e presentano soluzioni miracolose, facili e soprattutto accessibili alla comprensione di tutti. Più si semplifica, più si esaltano elementi irrazionali nella società. Una prova del populismo imperante in questi tempi ce la dà il Ministro degli Interni, On.le Salvini, che ha fatto trapelare nell’intervista che di seguito si riporta, la sua non contrarietà, alla riapertura dei manicomi, ciò in seguito ad un odioso episodio di cronaca, che poteva avere come protagonista anche un “normale”. Rispondendo a “Pomeriggio 5”, su Canale 5, a una domanda sul caso di un violentatore recidivo ma in libertà perché incapace di intendere e volere, il vicepremier ha fatto un cenno a una possibile revisione della legge Basaglia. “I problemi psichiatrici – ha affermato – sono un enorme problema in Italia: avendo chiuso le case di cura e gli ospedali psichiatrici si pensa di aver risolto il problema, invece lo si è lasciato in carico alle famiglie”. “Stiamo ragionando – ha aggiunto – su come mettere in sicurezza queste persone e come togliere questo peso alle famiglie”. “Poi – ha detto ancora Salvini, tornando sul caso del violentatore recidivo – mi chiedo chi sono quei giudici che alla seconda, terza, quarta violenza hanno lasciato che questa persona non andasse in carcere ma per strada, perché questa non è giustizia”. “In tantissimi paesi evoluti d’Europa e del mondo, per pedofili e stupratori, che non sono solo delinquenti ma sono anche malati, si usa la castrazione chimica, che è una pillola e non la forbice, così smettono di farlo per tutta la vita. Oltre che andare in carcere devono anche essere curati, spero che il Parlamento italiano possa approvare questa legge di civiltà”.

Che orrore, se pensiamo che per gli antichi medici greci, già prima della nascita di Cristo, la follia era considerata curabile e veniva trattata con mezzi non traumatici. Era molto diffusa la musicoterapia, teorizzata per esempio da Sorano di Efeso, medico greco del II secolo dopo Cristo. Persino il teatro, in particolare quello comico, veniva raccomandato dai dottori. Era prevista anche la terapia farmacologica e si vantavano soprattutto le proprietà sedative del fiore di elleboro. Molti medici greci, da Asclepiade di Bitinia ad Areteo di Cappadocia, si sforzarono di diffondere le loro idee anche a Roma, dove si era più inclini a metodi drastici. Raccomandavano, per esempio, che i malati avessero letti comodi e stanze luminose (ma senza pitture murali che si riteneva avessero effetti eccitanti).

Insomma, duemila anni prima di Franco Basaglia, i greci avevano un approccio modernissimo alla malattia mentale. Erano consapevoli dei pericoli che comportava per l’individuo, le famiglie, la società, ma ritenevano si dovesse evitare di ricorrere alla segregazione.

Oggi la riabilitazione non può avvenire solo con pratiche come l’ippoterapia o la musico-terapia (che pure loro hanno le loro ricadute positive), ma attraverso la ricostruzione della “santità” della vita quotidiana, cioè il funzionamento attivo dell’individuo nella società civile, cercando alleanze nelle reti istituzionali ed amministrative e nel territorio. Soprattutto deve avvenire rispettando gli articoli 15 e 16 della Convezione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che è legge dello Stato in Italia; essi si riferiscono alla libertà dalla tortura e dai comportamenti inumani, degradanti, violenti (vedi contenzione fisica e farmacologica).

Vorremmo che di salute mentale per tutti i cittadini si parlasse attraverso adeguati sistemi di cura, di accoglienza e di ascolto sul territorio, ma soprattutto dando risposte non solo in termini coercitivi e segreganti.

 

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